Domenica 25 aprile 2021 ore 12.00 in diretta sulla pagina Fb del Guado. Un incontro per raccontare l’esperienza enorme di un grande Uomo. In differita sul canale YouTube Goc69Tv
Un ribelle antifascista, un esule, deportato, un artista. Una Vita!
Assieme all’autrice, Giacomo Mameli, noto romanziere e giornalista culturale, presenta il volume “L’ultima voce” di Giuliana Adamo, docente di italianistica al Trinity College di Dublino. Un libro, edito da Castelvecchi, dedicato al sardo VITTORE BOCCHETTA (qui la sua vita), da poco scomparso a 102 anni.
Qui la programmazione di aprile della web tv del Guado Bocchett
Morto Vittore Bocchetta, antifascista e testimone dei lager
di Claudia Morgoglione (La Repubblica – 19 febbraio 2021)
Se ne è andato a 102 anni nella sua città d’adozione, Verona. Dopo un’esistenza da ribelle. Controcorrente, sempre: per carattere, ma anche per scelta. Vittore Bocchetta, uno degli ultimi testimoni dell’antifascismo e dell’orrore dei campi nazisti, è morto la sera di giovedì 18, a 102 anni. Con lui, artista di professione, scompare una delle menti più lucide e più disincantate, nell’elaborazione di quanto è accaduto e non deve mai più ripetersi: la brutalità incommensurabile dello sterminio, un sistema in cui – come raccontò a Simonetta Fiori, in un’intervista pubblicata su Repubblica quando compì un secolo – “l’uomo diventa bestia, non più capace di confidenza con l’altro, ciascuno blindato nella propria solitudine e nel proprio silenzio”.
Nasce in Sardegna, Vittore: a Sassari, nel 1918. L’anno della fine della Grande guerra. Suo padre è nel Genio militare, sua madre proviene da una famiglia di notai. Dopo varie peregrinazioni, e la morte del papà quando lui ha solo 16 anni, il trasferimento a Verona, dove lui – laureato in lettere e filosofia a Firenze – diventa attivo nelle formazioni antifasciste: tra le operazioni a cui partecipa, la fuga di un gruppone di prigionieri italiani da una caserma nazista. Per questo viene catturato e finisce nelle mani delle Ss. Segue la deportazione, su un carro bestiame: destinazione Hersbruck, lager satellite di Flossenbürg: luogo dove vive mesi terribili (arriva a pesare 45 chili), e dove gli viene assegnato il numero 21631. Proprio lì ancora adesso si trova una sua scultura, Ohne namen. Dopo circa un anno, riesce a scappare: “Sono stato in fuga a piedi attraverso la Germania – ha raccontato molto tempo dopo – volevo vivere, volevo lasciarmi alle spalle tutto quell’orrore. Ma non sapevo che quella non sarebbe stata la mia ultima fuga”. Già. Perché al rientro in un’Italia appena liberata, nelle macerie della guerra, Bocchetta si ritrova isolato: le sue posizioni poco ortodosse non piacciono a nessuno dei partiti e dei movimenti reduci dalla Resistenza. Un esempio fra i tanti, sempre dalla sua voce: “Sa quante balle hanno raccontato alla fine della guerra? Ho visto gente che si faceva fotografare con il fucile da partigiano senza mai averne mai imbracciato uno prima”. E ancora: “Sono sempre stato un rompiballe. Fin da quando mi dimisi dalla commissione per l’epurazione istituita presso il tribunale di Verona dal Comitato di Liberazione Nazionale. Dovevamo accertare chi avesse fatto carriera solo per merito fascista. Una pagliacciata. Per dichiararsi innocente bastava dimostrare la coercizione. Il risultato fu che chi aveva le mille lire per pagare l’avvocato riusciva a sfangarla, mentre i poveri diavoli venivano allontanati dall’impiego”.
Ed ecco spiegata la sua nuova fuga, grazie a una colletta tra amici, per sfuggire alla disillusione e al rischio dell’indigenza. Vittore approda a Chicago, dove può finalmente esprimere la sua vocazione artistica, e dove arriva a dirigere il locale Istituto italiano di Cultura. Ma non è finita. Perché in seguito dagli Stati Uniti si sposta molto più a Sud, in Argentina: è qui che consolida la sua fama di scultore e pittore. Ma il clima politico in quelle terre lontane si fa pesante per un antifascista militante come lui: così, dopo un’ulteriore tappa in Venezuela, negli anni Ottanta torna a Verona. Diventando presidente onorario delle Federazione italiana delle associazioni partigiane, e cominciando il suo impegno di testimone della memoria: incontri, dibattiti, scuole. Scrive anche libri: Quinquennio infame e Spettri scalzi della Bra, per Giorgio Bertani. Un contributo prezioso, che ci mancherà.
Ma oltre alle sue esperienze da sopravvissuto, Bocchetta verrà ricordato per questa sua esistenza così intensa, piena di peripezie e colpi di scena: “La mia vita è stata tutta un destino”, ripeteva spesso. E recentemente ha aggiunto: “A volte mi chiedono quante vite ho vissuto, o se mi sarei mai aspettato di vivere così a lungo. La verità è che sono stato condannato a vivere, e ne ho davvero le scatole piene”.
Intervengono in diretta:
L’incontro fa parte del ciclo: Incontriamoci al GUADO – Incontri d’arte e cultura dalla Cascina del Guado
Progetto a cura di Francesco Oppi con Franco Manzoni.
In collaborazione con Schema, rivista di poesia, e Libreria Bocca dal 1775.
Con il Patrocinio di Società Umanitaria, Polo culturale del Castanese, Fondazione Per Leggere, Comune di Inveruno, Comune di Castano Primo, Comune di Robecchetto con Induno.
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