Il futuro è dentro di noi, e non importa quanto dura ma a cosa serve

(…) Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (…) Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. 
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. 
Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell’istinto del mio mestiere. (…)
(PPP – 1974)

“Gesù piccino picciò” fa che venga l’amore prima che si può… ecco, questa letterina la voglio dedicare alle donne e a Pier Paolo Pasolini. Le prime sono la speranza della verità, il secondo è un’anima intensa della memoria dell’Italia che amo.
Ringrazio le donne, le ringrazio perché hanno tanto di quello di cui oggi questo angariato mondo ha bisogno nel profondo. Voglio partire da qui per questa letterina, dal significato dell’amore, dal quello più profondo della vita; e come fare se non con loro, pensando alla bellezza, alla meraviglia che portano, alla mirabolante schiera di sogni che sono in grado di suscitare.
Per questo Natale dunque il regalo che desidero per tutti è amore. Amore, rispetto e poi comprensione, compassione, compartecipazione… chissà sono un po’ pretenzioso. Certamente abbiamo bisogno anche di più consistenza culturale, di una concettualità più rigorosa, di maggiore concentrazione, di maturità nell’autonomia di pensiero. Dobbiamo intraprendere la ricerca costante di una nostra dignità intellettuale che possa dare luogo a decisioni elette tra proposte sempre libere, aperte, discorsive, perfino dubitative. Le certezze assolute lasciamole agli inetti, ai gonzi e ai vili.
Il Natale ci riporta al presepe, alla famiglia, è vero. Ma ahimè, ci sono ancora abusivi nel tempio… Ecco l’unta pletora di dottori/mercanti che invadono il tempio dell’anima; un bel problema caro Gesù, un problema per la nostra generazione e per le prossime, forse.
E non venitemi a dire sconsolati: “cosa potremmo fare di diverso?”…
Potremmo fare tutto di diverso! Potremmo perfino essere diversi, potremmo capire che il nostro futuro è dentro di noi, e non importa quanto dura ma a cosa serve! Potremmo capire che essere diversi è il significato univoco per essere tra gli artefici di una società differente, migliore, non fondata sulla Paura.
Una società dove l’ascolto viene prima della discussione, dove il gracchio sguaiato da share non esiste, dove l’insulto è bandito. E dove il frigorifero che parla è di troppo, l’automobile che ascolta è di troppo, la televisione che ti guarda è di troppo, perfino le ennesime audio cuffiette son di troppo… Oggi è tutto di troppo perché abbiamo tutto, abbiamo troppo di tutto da troppo tempo, e in fondo… abbiamo niente. Proprio niente di quel che servirebbe.
Non è più assecondabile questo sistema “sociale” che muta la comunità in idrovora di prodotti, non è così che possiamo andare avanti, non è con questo meccanismo economico malato, incentrato su bizzarre dinamiche finanziarie che potremo costruire la casa per i nostri discendenti. E men che meno pagare i nostri debiti.
Abbiamo la necessità di ri-guardarci dentro e capire che siamo centraline di giudizio. Portatori di un’intelligenza collettiva? Sì, certo; ma prima ancora portatori di intelligenza monadica. In questo Natale, e poi anche dopo, sempre, nutriamoci di cultura: abbiamo bisogno di arte, abbiamo bisogno che le scuole vengano ben aggiustate dentro e fuori e abbiamo bisogno che i docenti siano preparati meglio per diventare di nuovo maestre e maestri. Da questo Natale facciamo che i luoghi in cui l’arte vive siano i luoghi della vita quotidiana, facciamo in modo che gli artisti agiscano nella società, portino la meraviglia dei punti di vista differenti.
In fondo abbiamo bisogno sostanzialmente di riavere la nostra democrazia tra le mani, direttamente e in modo solido, ma badate la democrazia si esprime quando l’intellettuale è libero, quando la persona che ha covato un ragionamento lo può esprimere, quando Pier Paolo Pasolini non viene schiacciato da un automobile.
Ritorniamo a Pasolini e troviamo la democrazia. E noi dobbiamo ricordarci delle persone che sono morte, di quelle che hanno avuto delle “defezioni” di vario tipo nella storia di questa Italia “con gli occhi aperti nella notte triste”. Dobbiamo capire che la vergogna di queste morti, di queste violenze di vario genere, ci appartiene, appartiene a tutti noi e in modo più grave se non le vediamo. E anche oggi avvengono. Sono cresciuto nella libertà del rispetto, al Guado, in una comune; tra persone che mettevano amore come primo ingrediente della giornata, in un luogo dove prima del giudizio ci si riuniva, ci si confrontava. Si ascoltava in silenzio e si attendeva il proprio turno per parlare.
Come allora sono qui in uno dei luoghi dove la democrazia non è solo un brand (magari da esportare), ma è una meta da perseguire con forza, determinazione, intelligenza. Sempre con gli occhi bene aperti. Siamo alle soglie di una società che ammicca su vari fronti ad una selezione chimica della specie, una selezione medicale; questo è un errore come quello che (in senso inverso) fecero altri in passato, decidendo che bisognava seguire l’eugenetica. Gli estremi si toccano e ci sono degli equilibri che non vanno spezzati, in questo momento noi siamo andati, come Yin e Yang insegnano da millenni, troppo dall’altra parte della bilancia. Per un “malinteso culturale” (non voglio pensare ad altro), stiamo per sacrificare tutti i nostri migliori principi, abdicando al rispetto per il significato stesso della vita. Caro Gesù, riporta almeno qualche cosa al suo giusto posto, e che buoi e asini vengan giù dall’asse dei formaggini e tornino a far quello a cui son chiamati. Buon Natale!

(Francesco Oppi – Natale 2021)

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